Kiarra scappa sempre dai suoi problemi, dai suoi sentimenti, da sé stessa. Poi si ritrova direttamente tra le braccia del misterioso e sexy Aidan Gold. Kiarra non è sicura se vuole strappargli la testa o lasciare che lui le strappi i vestiti di dosso.
In ogni caso, Kiarra impara presto che Aidan ha un grande, brutto segreto e tira fuori gli artigli.
Età: 18+
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1
Kiarra scappa sempre dai suoi problemi, dai suoi sentimenti, da sé stessa. Poi si ritrova direttamente tra le braccia del misterioso e sexy Aidan Gold. Kiarra non è sicura se vuole strappargli la testa o lasciare che lui le strappi i vestiti di dosso. In ogni caso, Kiarra impara presto che Aidan ha un grande, brutto segreto e tira fuori gli artigli.
Età: 18+
Autore originale: Tacha
Nota: questa storia è la versione originale dell'autore e non ha l'audio.
“Belle!!!”
La voce ruggente del mio capo risuonò attraverso il locale, proprio mentre stavo riempiendo le tazze di caffè ai clienti abituali.
“Uhh, qualcuno è nei guai”, rise Joe mentre io roteavo gli occhi.
“Chi lo sa, Joe. Forse ha finalmente capito che il mio nome è la perfetta alternativa alle parolacce”, scrollai le spalle e feci l'occhiolino all'uomo di mezza età prima di tornare in cucina.
“Ah, lo sa da quando ti ha assunta, tesoro. Non lo sento dire “cazzo” da un mese. Ma il tuo cognome sembra essere la sua parola preferita”, lo sentii ridere dietro di me.
Come una vera signora, gli mostrai il dito medio senza girarmi e continuai a farmi strada verso la cucina dove sapevo che avrei trovato il mio capo, rosso come un pomodoro e con il vapore che gli usciva visibilmente dalle orecchie.
Non mi importava molto, comunque era solo un lavoro temporaneo.
La tavola calda di Marlin, che si trovava ai margini della città con un massimo di cinquanta clienti al giorno, non era esattamente il posto dove avevo pianificato di fare la cameriera a tempo pieno al minimo salariale.
Come immaginavo, trovai il mio vecchio e grasso capo in piedi con delle carte in mano, rosso come un pomodoro e fumante come un bollitore che stava per fischiare.
“Come va, capo?” Gli feci un sorriso innocente, che in realtà non era ironico dal momento che non avevo idea di cosa l'avesse fatto arrabbiare questa volta.
L'ultima volta era stato perché avevo dimenticato di portare fuori la spazzatura dopo un turno di dodici ore. La volta precedente era perché avevo fatto una sfuriata davanti a un cliente.
Scusate, ma se qualcuno replica al mio “Posso portarle qualcos'altro, signore?” con una risposta accondiscendente sul fargli un pompino nel retro della tavola calda, tendo a diventare un po' psicopatica. Fammi causa, almeno non sono arrivata alle mani.
Quindi il punto è che il mio capo si arrabbiava per qualsiasi cosa. Avrei potuto dimenticare di mettere l'ultima delle cinque zollette di zucchero nel suo caffè mattutino e lui si sarebbe arrabbiato.
“Spiegami, Belle, che cazzo è questo?” Mi mise dei fogli nelle mani e vidi le sue vene della fronte pulsare.
Sospirai e diedi un'occhiata ai fogli. Lessi le prime righe e guardai il mio capo imbecille ruotando gli occhi.
“Questa è ovviamente una denuncia presentata contro la tavola calda, e allora?” Sapevo cosa stava per succedere e nella mia testa ero già pronta a fare i bagagli, pensando a quale sarebbe stata la mia prossima meta.
Avrei potuto trovare una città più accogliente la prossima volta. Quella non era la peggiore, ma sicuramente neanche la migliore in cui ero stata.
“Questa è una denuncia contro la mia tavola calda perché hai deciso di lanciare del dannato caffè caldo contro un cliente!” In quel momento Marlin era furioso.
Tuttavia, lo trovavo divertente più che minaccioso.
In realtà era esilarante.
Immaginate un pomodoro ambulante alto circa un metro e mezzo, più rotondo, e così furioso e fumante che da un momento all'altro potrebbe spruzzare ketchup su tutte le pareti.
Ridacchiai a quel pensiero. Scommetto che avrei dovuto pulire io il casino.
“Sì, beh, se ti ricordi bene, il tipo mi ha sculacciata e mi ha chiamata 'bel culetto', che a detta di tutti è una molestia sessuale. Se non mi sbaglio hai detto a quello stronzo di andarsene dalla tavola calda e mi hai detto che non avevo fatto nulla di male. Quindi, qual è il problema?”
“Il problema è questa cazzo di denuncia contro la tavola calda, Belle! Il tuo carattere mi costerà! Mi venisse un colpo. Se non ti siedi di fronte a quella giuria e non dici a tutti che quel bastardo ti ha praticamente violentata, mi assicurerò che tu passi il resto della tua vita a ripagarmi”.
Rimasi lì a guardare quell'uomo basso e grasso che mi aveva pagato gli assegni nell'ultimo mese e non provai assolutamente nulla, tranne l'impazienza di andare avanti.
“Certo, Marlin. Ma ora devo tornare dai clienti. Oh, e non dimenticare che oggi ricevo la mia paga settimanale” dissi mentre rientravo nel locale.
Inutile discutere di cose del tribunale, non ci sarei andata comunque. Avevo solo bisogno del mio ultimo stipendio prima di fare i bagagli e dare le dimissioni.
L'aspetto positivo di non essere mai rimasta a lungo in un posto era che non avevo mai superato i primi due mesi di lavoro, quindi le dimissioni all'ultimo minuto non erano un grosso problema.
Il resto della giornata passò come al solito. Qualche cliente ogni tanto.
Quando l'orologio finalmente segnò le 8 di sera, fui felice di vedere Charlotte attraversare le porte per sostituirmi per il turno di notte.
“Cos'è successo a Marlin?” Charlotte si stava allacciando il grembiule mentre mi guardava leggermente divertita e tornava verso la cucina.
“Ah, niente di che. Il pervertito dell'altro giorno ha presentato una denuncia basata sul nulla. Marlin la sta usando per ricavarne dei soldi”, scrollai le spalle e le rivolsi un sorriso.
Era vero che Marlin lo stava usando per ottenere un po' di denaro in più. Avrebbe potuto licenziarmi se non pensava di poter vincere la causa e risolverla così.
Ma dato che c'erano telecamere nascoste nella tavola calda e che il pervertito ovviamente non lo sapeva, Marlin poteva controbattere con una denuncia per molestie sessuali.
Io però non sarei stata lì per testimoniare, quindi si sarebbe risolta senza alcun risarcimento o stipendio per Marlin.
Lui non ne sarebbe stato molto felice, ma onestamente, l'idiota non avrebbe comunque dovuto cercare di usare le molestie sessuali per ottenere dei soldi.
Charlotte si accigliò per un secondo, prima di capovolgere completamente la situazione e ridere.
“Questo spiega tutto. Beh, sono pronta per iniziare a lavorare, quindi tu vai a casa, tesoro. Dormi bene!”
Poi prese la caffettiera e fece il giro dei tre clienti nella tavola calda chiedendo se qualcuno avesse bisogno di un altro giro.
Prima di andare a casa mi assicurai di prendere la mia ultima busta paga da Marlin, il cui umore era cambiato da infuriato a diabolico, mentre probabilmente pensava a cosa fare con tutti i soldi che non avrebbe ricevuto.
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2
Lasciai la tavola calda di Marlin, lentamente mi diressi verso l'appartamento che avevo affittato e iniziai a imballare. Beh, 'imballare' potrebbe essere una parola troppo grande per quello che stavo facendo. Imballare avrebbe richiesto scatole e tempo.
Ma mettere i vestiti che mi servivano in una borsa da palestra e impiegare meno di quindici minuti, è stato molto più semplice.
Prima di lasciare il piccolo spazio in cui avevo vissuto nell'ultimo mese, mi assicurai di aver preso le cose importanti. Il mio medaglione d'oro a forma di cuore era appeso al collo. Era probabilmente il mio bene più prezioso.
Non in termini di denaro. Onestamente non credevo che valesse più di venti dollari. Ma aveva un valore sentimentale. Era l'unica cosa che possedevo dei miei genitori.
Non ricordavo nulla di loro, visto che ero stata lasciata sui gradini di una caserma dei pompieri quando avevo due anni, ma il medaglione conteneva una piccola foto di una donna che mi teneva in braccio e mi fissava con così tanto amore e adorazione quasi da star male.
Il medaglione era l'unica cosa che avevo con me quando mi avevano trovata, e, anche se i miei genitori mi avevano abbandonata, credevo che fosse per una buona ragione.
La donna nella foto mi assomigliava così tanto che pensavo fosse mia madre.
I suoi profondi occhi marroni somigliavano ai miei e, anche se avevo tinto le punte dei miei capelli castano scuro con delle sfumature bionde, anche i nostri capelli erano spaventosamente simili.
Avevo ereditato le stesse labbra carnose con un arco di cupido, ma i nostri nasi erano un po' diversi. Lei aveva il naso piccolo e tondo che la maggior parte delle ragazze invidiava, mentre il mio credo che fosse semplicemente un naso normale.
Era stupenda e l'amore che aveva negli occhi per me mi faceva credere che non mi avesse abbandonata volontariamente.
Così avevo custodito il medaglione, perché mi faceva pensare che a un certo punto avevo avuto dei genitori, o almeno una madre, che mi amava.
Non ricordo molto dei primi anni della mia infanzia, ricordo solo di aver sperato che lei tornasse a prendermi e, quando avevo capito che non sarebbe successo, avevo sperato che una famiglia mi adottasse.
Anche questo non era mai successo, ma non c'era da sorprendersi.
Ero nota per il mio brutto carattere e nessuna famiglia aveva accettato la sfida, così ero passata da una famiglia all'altra, da un letto all'altro, fino a quando avevo finalmente compiuto diciotto anni ed ero rimasta da sola.
Il medaglione era tutto ciò che mi era rimasto dei miei genitori e niente mi avrebbe fatto rinunciare a esso.
Una volta una ragazza di una delle case famiglia l'aveva trovato e lo voleva, ma io non volevo lasciarlo, nemmeno quando mi avevano portata via in ambulanza dopo il brutto pestaggio che avevo ricevuto dalle altre ragazze.
Risi un po' tra me e me ripensandoci.
Quando ero tornata dall'ospedale avevo tagliato i lunghi capelli biondi della ragazza e potrei o non potrei averla spinta giù dalle scale, ovviamente per sbaglio.
Non mi aveva mai più guardata negli occhi, ma aveva imparato a stare al suo posto. Che dire, non ho mai detto di essere completamente sana di mente.
Dopo aver controllato che tutto fosse nella mia borsa lasciai l'appartamento aperto e le chiavi sul bancone, così non avrebbero dovuto sfondare la povera porta quando l'affitto non fosse arrivato il lunedì.
Tirai su il cappuccio della mia felpa e iniziai a dirigermi verso la stazione ferroviaria. Dove sarei andata questa volta?
Immaginavo che avrei visto quali treni partissero a quell'ora.
Erano appena passate le dieci quando arrivai alla stazione. Guardai l'orario dei treni e cercai di decidere dove andare questa volta mentre ero in fila per il biglietto.
Sentii la signora davanti a me dire il nome di una città che non avevo mai sentito e decisi: perché no.
Così quando fu il mio turno ripetei l'ordine all'impiegata e mi incamminai verso un treno che partiva alle 10:30.
Dall'orario sembrava che il viaggio in treno sarebbe durato circa quattro ore, così trovai un posto comodo, gettai la mia borsa sul sedile accanto a me in modo che la gente non si facesse strane idee di parlare con me e mi appoggiai con la testa al finestrino, cadendo in un sonno leggero.
“Signorina, questa è l'ultima fermata, deve svegliarsi”.
Venni svegliata dal controllore che mi scuoteva leggermente, prima di lasciarmi in pace. Guardai fuori dal finestrino ma non vidi molto tranne le luci della strada fuori che illuminavano la piccola banchina.
A parte questo era buio. Aveva senso visto che erano quasi le 3 del mattino.
Presi la mia borsa e uscii dal treno. Sorrisi al capotreno mentre uscivo e mi allontanavo dalla banchina.
Non avevo assolutamente idea di dove mi trovassi, ma iniziai a camminare per le strade della città. Non sembrava una grande città, ma più un paesino accogliente.
Almeno quella era la sensazione che avevo camminando per la strada e guardando le casette accoglienti con le loro recinzioni bianche.
Mentre camminavo il vento sembrava aumentare e la fredda aria autunnale mi fece rabbrividire, così mi strinsi un po' più forte.
Avevo bisogno di trovare un posto dove stare, dato che su una panchina avrebbe fatto troppo freddo.
Continuai a camminare per le strade poco illuminate cercando qualcosa. Se non un motel, almeno in quel posto ci sarebbe dovuto essere un bar dove poter trovare un po' di calore e forse un drink o dieci.
Era venerdì sera, quindi i giovani adulti di quella città dovevano avere un posto dove andare per soddisfare la loro voglia di bere.
Mentre pensavo ciò iniziai a notare il cambiamento del paesaggio.
Invece delle piccole e accoglienti abitazioni familiari, gli edifici diventavano un po' più grandi e sembrano più appartamenti, e presto mi trovai a camminare lungo una strada con dei negozi di abbigliamento, negozi di scarpe ed esattamente quello che stavo cercando.
Un bar.
A quanto pare, era l'unico nei dintorni. Aveva una grande insegna rossa al neon che diceva “Sam's bar” e sentivo la musica provenire dalla porta d'ingresso aperta.
Sospirai, sentendomi sollevata di trovare un po' di calore nel freddo e mi diressi verso il locale.
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