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Sin – I segreti del peccato

Dopo la morte della madre, Marcella Sinclair non può fare a meno di sentirsi un peso per il fratello diciottenne. Quando riceve l’offerta di guadagnare un mucchio di soldi come spogliarellista, decide di accettare. Nessuno deve saperlo… specialmente suo fratello, che è determinato a farla rimanere pura e innocente per il resto della vita.

Età: 18+

 

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L’app ha ricevuto riconoscimenti da BBC, Forbes e The Guardian per essere l’app più calda per nuovi romanzi esplosivi.

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1

Mari

“Signorina Sinclair, si fermi un minuto dopo la lezione. Ho bisogno di parlare con lei”.

La voce di pietra del professor Keats mi rende nervosa.

Di tutti i miei insegnanti, Keats è quello che mi spaventa di più.

Sembriamo non andare mai d'accordo e ogni volta che sono in classe con lui mi sento colpevole di qualche crimine inenarrabile.

Annuisco e maledico tra me e me la mia solita fortuna.

Non ho mai avuto una buona fortuna. Anche se dicono che se non si ha sfortuna non si ha neanche quella buona.

Metto i libri nella borsa e afferro la giacca mentre guardo il resto della classe lasciarmi indietro alla mercé del professore.

Non so cos'abbia quest'uomo, ma mi fa sempre sentire come la studentessa peggiore del mondo. Come se niente di quello che faccio fosse giusto.

I miei voti perfetti sono sprofondati nelle sue mani.

“Signorina Sinclair, vuole che le dia un voto insufficiente e la facciamo finita? È come se non ci stesse nemmeno provando”.

Sospira mentre si appoggia all'indietro sulla scrivania di metallo, incrociando le caviglie e intrecciando le dita per poi appoggiarle alla fibbia della cintura.

Riporto velocemente i miei occhi verso di lui e mi sforzo di trovare la cosa giusta da dire.

“N-n-n-no professore, sto davvero facendo del mio meglio. Sto lavorando sul voto nella sua materia, signore. Spero che il prossimo compito le dimostri il mio sforzo”.

Annuisco di nuovo, guardando i suoi freddi occhi marroni che mi scrutano.

È come se stesse cercando di capire se sto mentendo, o forse semplicemente non è un fan del mio modo di vestire.

“Dubito fortemente che sarà in grado di superare questo corso da sola, signorina Sinclair. Ha mai pensato di rivolgersi a un tutor?”

La sua presenza mi fa sentire a disagio.

Mi sento scrutata e respinta sotto ogni punto di vista.

“Professor Keats, sebbene sia un'idea eccellente, non potrei permettermelo. Non so bene cosa stia sbagliando, ma se potesse darmi un po' più di tempo sono sicura che riuscirei ad alzare il mio voto”.

Giocherello con le unghie facendole ticchettare insieme, mentre mi sposto indietro sui talloni per alleviare un po' dell'ansia che mi provoca.

“Non credo nell'ottimismo, signorina Sinclair, infatti penso che al momento quella sia una scelta sbagliata per lei”.

Quel tono fa sembrare la frase del tutto definitiva, come se avesse già deciso che non potrò assolutamente passare il suo esame, quindi perché provarci.

“Signore, per favore. Farò qualsiasi compito per prendere dei crediti extra e alzare il voto. Non posso non superare questo corso, ho bisogno di tutti i crediti del mio curriculum per passare. Se non lo supero non potrò diplomarmi con la mia classe l'anno prossimo. Per favore professore, la prego di ripensarci”.

Lo supplico con tutto il cuore, ho bisogno di passare questo corso. Non posso essere bocciata, devo diplomarmi per poter andare al college.

Ho bisogno di andarci per guadagnarmi da vivere e ho bisogno dei soldi per aiutare a mantenere la mia famiglia.

Siamo solo io ed Erik.

Lui si è fatto il culo per farmi arrivare fin qui.

Ha due lavori, lo vedo a malapena e se fallisco tutto il suo sforzo non sarà servito a nulla. Se non passerò l'esame deluderò Erik e questo non può accadere.

Gli devo molto di più.

Dopo la morte di mamma si è fatto carico di tutto, per me.

Papà se n'è andato molto tempo fa, non lo ricordo nemmeno. Ora siamo solo noi contro il mondo intero.

Devo fare la mia parte, gli ho chiesto di potermi trovare un lavoro ma Erik ha bocciato l'idea e mi ha detto di concentrarmi sulla scuola.

Il professor Keats apre le mani e si porta un dito medio alla guancia, facendolo scorrere sull'ombra della barba.

L'abito grigio che indossa si arriccia sulle spalle e si fa indietro ai lati per mostrare la camicia bianca infilata nei pantaloni grigi abbinati.

“Uhm… potrei conoscere un modo per assicurarti un bel voto, se sei interessata. Vieni a questo indirizzo, oggi pomeriggio alle cinque, ti aiuterò con il voto. Non te lo chiederò un'altra volta quindi prendere o lasciare”.

Si volta dandomi le spalle e tira fuori un post-it giallo dalla sua scrivania.

Usando una penna a inchiostro nero scarabocchia un indirizzo e me lo porge affinché possa prenderlo.

Lo afferrò con calma e lo tengo ben stretto.

“Grazie, professor Keats. Prometto che ci sarò. Grazie per questa opportunità”.

Faccio un sorriso e il mio petto si riempie di gratitudine.

Il professor Keats annuisce mentre mi congeda ufficialmente. Io mi lancio fuori dall'aula e lungo il corridoio fino al mio armadietto.

Finalmente un po' di fortuna.

Sì, lavorare con Keats sarà difficile, ma se passerò l'esame ne sarà valsa la pena.

Mio fratello ha solo quattro anni in più di me, so quanto della nostra vita dipenda dalla mia dedizione verso la scuola.

Erik non può prendersi cura di entrambi per sempre. Non ha nemmeno avuto modo di piangere la morte della mamma, prima di dover tornare al lavoro.

Aveva solo diciotto anni quando lei è morta, lasciando me, la sua sorellina di quindici anni, completamente nelle sue mani.

Ha lasciato l'università e ha trovato un altro lavoro. Prendersi cura di me gli ha fatto perdere molto.

So che si sforza tanto e mi taglia fuori dalla maggior parte dei problemi.

Ha perso la ragazza con cui stava da molto, Dana, perché non aveva tempo per lei, ha rinunciato alle borse di studio e ha messo il proprio futuro in pausa.

La sua lista di amici si è ridotta a Ross e Ben, con i quali non ha modo di uscire molto, dato che è sempre al lavoro.

Erik è il mio supereroe personale. Non posso deluderlo.

Non posso proprio.

Se lui riesce a gestire il mondo intero, lo stress, i debiti che mamma ci ha lasciato, le bollette e il fatto di aver messo la propria vita in pausa facendosi carico di me…

Il minimo che possa fare è affrontare il professor Keats.

O chiunque si metta sulla mia strada.

Se Erik può essere un osso duro, posso esserlo anch'io.

***

Mi incammino verso casa assicurandomi di avere preso tutto da scuola. Sono solo pochi isolati quindi non mi ci vuole molto prima di arrivare e affrettarmi a finire le mie faccende.

Erik non tornerà a casa prima di mezzanotte quindi è importante assicurarmi che al suo rientro abbia la cena pronta e i vestiti puliti. Cucino e pulisco il disordine, poi mi assicuro di essere in orario per vedere il professor Keats.

Esco di casa con quarantacinque minuti di anticipo, prendo un autobus per andare in città e scendo alla fermata giusta. Ricontrollo il post-it almeno dieci volte e trovo l'indirizzo in tempo.

Mancano solo tre minuti alle cinque quindi mi faccio avanti e busso.

Quando il professor Keats apre la porta sono sorpresa. Il suo abbigliamento scolastico comprende sempre una giacca e una cravatta, ma vederlo a casa sua è a dir poco strano.

La semplice camicia bianca gli sta bene, al contrario, i pantaloni della tuta grigio chiaro sembrano calzare male, ma non dico nulla.

“È in ritardo, signorina Sinclair”. I suoi occhi freddi mi attraversano, facendomi sentire a disagio. Guardo il mio orologio per vedere che sono davvero in ritardo.

“Mi dispiace, professor Keats, pensavo avesse detto alle cinque”. Abbasso lo sguardo sulle sue ciabatte bianche e nere. Nel tempo libero Keats si veste come uno dei tanti ragazzi a scuola. So che non è molto più vecchio di loro, avrà al massimo trentacinque anni.

“Ha sentito bene, ma se non è in anticipo allora è in ritardo. Non accetterò ritardi da parte sua. Nel caso in cui se lo fosse dimenticato, signorina Sinclair, le sto facendo un favore e non voglio che si approfitti di me”. Il tono è così severo tanto da farmi trasalire alle sue parole.

“S-s-sì, signore, capisco perfettamente. Mi dispiace, non succederà più, lo prometto”. Non ho il coraggio di guardarlo negli occhi, quindi li tengo bassi. È come se un solo sguardo mi facesse sentire risucchiata nel suo vortice malvagio. Come se lui fosse Medusa e io mi trasformassi in pietra o qualcosa del genere.

“Mmmh, da questa parte”. Si allontana, agitando una mano per invitarmi a seguirlo.

Non perdo nemmeno un secondo e lo seguo, chiudendo dolcemente la porta in modo da potergli rivolgere tutta la mia attenzione. Mi tolgo la borsa dalla spalla e aspetto ulteriori istruzioni.

Il professor Keats sembra occupato a mettere via alcuni lavori.

La sua casa è carina, molto mascolina. Si capisce che vive da solo, il suo appartamento da scapolo odora di colonia maschile e la mancanza di decorazioni puzza di uomo single.

Sono sicura che casa mia avrebbe lo stesso aspetto se ci abitasse solo Erik, la mamma non era molto appassionata di arredamento.

Non che potesse esserlo, visto che non avevamo soldi, tutti gli extra andavano a finire nella sua abitudine di sniffare.

Mamma era una cocainomane. Non credo che lo sia stata a lungo, ricordo quando ha iniziato a cambiare. Quando è andata in overdose non ci sembrava possibile, finché non abbiamo pulito la sua stanza.

Ho trovato un sacchettino sotto il suo materasso, un sacchettino più piccolo nel cassetto del comò e della polvere spalmata sul comodino.

Quando abbiamo recuperato la sua borsa sembrava che fosse stata colpita da un mulinello di cipria.

Mia madre è andata in overdose a Capodanno di due anni fa, non è tornata a casa per due giorni, così ho pensato che fosse con il suo ragazzo, Scotty.

Quando arrivò il terzo giorno e ci venne tolta l'elettricità non sapevo cos'altro fare se non andare a cercare Erik.

Quando gli ho detto di mamma e dell'interruzione della corrente non sembrava preoccupato. A essere onesti era a una festa della confraternita ed era più arrabbiato per il fatto che io mi fossi presentata lì che per quello che stava realmente accadendo.

Dopo che ho capito che era ubriaco ho cercato aiuto altrove. Ben è arrivato proprio quando stavo perdendo la speranza, così gli ho detto cosa stava succedendo.

Ha portato via Erik dalla festa e ci ha condotti nel suo appartamento fuori dal campus. Vive con Ross e un altro ragazzo, Stevie. Siamo stati seduti lì per ore finché Erik non ha smaltito la sbornia e ha capito cosa c'era che non andava.

Ben è rimasto con me mentre Erik è andato sul posto di lavoro di mamma e ha chiesto in giro. Abbiamo scoperto che aveva perso il lavoro due mesi prima.

La sua amica Cindy disse che non la vedeva da settimane e che l'ultima volta che aveva sentito parlare di lei si era messa nei guai con un tizio che chiamavano 'l'uomo del gas'.

Passarono due settimane senza una parola.

Abbiamo controllato gli ospedali e le prigioni, abbiamo chiesto in giro. La polizia non sembrava interessata e ci respingeva. C'erano le vacanze di Natale e non avevo scuola, quindi non potevo stare a casa senza riscaldamento.

Sono rimasta da Ben. Erik usciva a cercare la mamma ogni giorno e continuava a tornare senza niente. Quando la polizia venne all'appartamento di Ben per avvisare i parenti più prossimi, fu quasi un sollievo.

Sono stata io ad aprire la porta… Ben era fuori a cena, Erik era andato a cercare la mamma. Stevie e Ross erano al lavoro.

Era l'ora del tramonto, il freddo nell'aria faceva sembrare come se fosse inverno e io stavo guardando le repliche di Drake e Josh su un sito illegale che ci aveva trovato Stevie. Lo ricordo bene, non come se fosse successo due anni fa.

Ricordo gli agenti che arrivarono lì: il detective Fordmen e l'agente Harris.

Mi chiesero se fossi sola, se mio fratello potesse tornare. Ho detto loro che era fuori e che stava arrivando, ma che se si trattava di mia madre avrebbero potuto dirmelo e basta.

Potevo sentire le cattive notizie che avevano. Sapevo che qualsiasi cosa avessero da dire non era per niente buona.

Quando il detective Fordmen disse che avevano trovato una donna che corrispondeva alla descrizione di mia madre e che avevano bisogno di identificare il corpo, dissi solo 'ok' e che io e mio fratello saremmo andati all'obitorio.

Li ho accompagnati fuori, lasciata sola con la notizia, a crogiolarmi nel gusto amaro della verità. Ben tornò con le braccia piene di borse di cibo da asporto. Mi diede un'occhiata e capì che era successo qualcosa.

“Mari? Cosa c'è?”

Mari è un'abbreviazione di Marcella. Lasciò cadere le borse sul piano di lavoro e arrivò al mio fianco con una sola falcata. Le braccia forti e toniche si tesero lungo i miei fianchi. Le sue mani si strinsero ripetutamente. I suoi occhi blu pallido mi hanno fatta sentire al caldo, come sotto il cielo estivo.

“Mia madre è morta e io ed Erik dobbiamo andare a riconoscere il corpo. La polizia è appena stata qui”. L'ho detto senza sentimenti, la mano della morte era caduta su di me e mi faceva sentire come anestetizzata. L'espressione di Ben cadde per un secondo prima di ritrovare la sua compostezza di ferro. Vidi la sua mascella scattare, la contemplazione offuscargli gli occhi. Ben è sempre stato un tipo massiccio. Quando ero piccola avrei giurato che fosse un orso. I suoi capelli castano scuro mi facevano pensare a un grizzly. È sempre stato molto più alto di tutti noi e ora che si allena da così tanto tempo è il più massiccio per ragioni diverse.

“Forse hanno preso la persona sbagliata e lei è ancora là fuori. Forse non è morta”. La sua voce è la più morbida che abbia mai sentito. Ben è sempre stato come un muro di pietra, è il migliore amico di Erik e ha la sua stessa età, ma mi sono sempre sentita vicina anche a lui.

Scuoto la testa, l'ho capito nel momento in cui gli agenti avevano bussato. Mia madre era veramente morta. Me lo sentivo dentro.

Quando Ben fece scivolare la sua mano nella mia e intrecciò le nostre dita, riuscii a sentire il muro cedere e la tristezza inondarmi. Prima ancora che una lacrima mi bruciasse negli occhi, Ben mi attirò tra le sue braccia.

Mi teneva stretta al suo petto mentre singhiozzavo e gli bagnavo la camicia. Non riuscivo a respirare. Piansi così tanto… Nessuno mi aveva mai tenuta così, come se in quel momento lui avesse avuto bisogno di me quanto io di lui.

Piansi finché il mio cuore non ebbe esaurito le lacrime e io mi sentii vuota. Ben non mi lasciò andare, non mi disse mai di fermarmi o di calmarmi. Si limitò a tenermi stretta e a giocare con i miei capelli.

Quando Erik tornò fu Ben a dargli la notizia, mentre io mi lavavo la faccia. Io e mio fratello scendemmo a guardare il cadavere della mamma. I giorni successivi non furono altro che una macchia.

L'unica cosa che ricordo davvero è Ben.

Il modo in cui si era preso cura di me e si era assicurato che stessi bene. Per essere un orso grizzly, non ha mai lasciato il mio fianco.

Quando ho chiesto a Erik di lasciare che lo Stato si facesse carico della mia tutela, in modo che lui potesse continuare la sua vita, l'intera casa si è rivoltata contro di me. Ben, Erik, Ross e Stevie mi hanno dato una strigliata anche solo per averlo suggerito.

Rimango della stessa idea.

Sarebbe stato più facile per lui.

***

“Professor Keats, vorrebbe iniziare da qui?” Chiedo mentre lui continua a mettere in ordine le scartoffie impilate e liberare il divano di pelle rosso scuro.

Non dice nulla, come se non si accorgesse affatto la mia presenza. Rimango in piedi dietro di lui, aspettando in silenzio che la nostra lezione di tutoraggio iniziasse.

Sembrano passare secoli, quando finalmente finisce e mi fa cenno di lasciare giù la borsa e di seguirlo fuori dalla stanza.

Cominciamo.

 

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2

Mari

“Signorina Sinclair, sono sicuro che lei conosca l'espressione 'una lama a doppio taglio', vero?” Mi chiede Keats mentre mi accompagna nei meandri della sua grande casa. Le pareti con le assi in legno le danno un'impressione naturale ma in realtà è tutto finto. L'illuminazione è davvero bassa e i miei occhi non si sono ancora adattati.

“Sì professore, la conosco”. Rispondo da dietro di lui. Il corridoio è lungo e stretto. Non posso stargli accanto, devo camminare dietro. Non dice altro mentre ci infiliamo in una piccola stanzetta nascosta dietro una serie di scale. Il professor Keats mi lascia entrare per prima mentre aspetta vicino alla porta.

Questa stanza, come il corridoio, è stata lasciata spoglia e buia. Keats cammina verso la grande scrivania di legno al centro e si siede come un re sul proprio trono.

Sembra un minaccioso maschio alfa nel suo habitat. I suoi occhi freddi sembrano rimpicciolirmi con un solo sguardo.

“La vita è come una lama a doppio taglio, signorina Sinclair. Tutto ciò che accade ha delle conseguenze”. Le sue parole sembrano lanciare un incantesimo, mi sento rinchiusa qui. Come se fossi interrogata e condannata tutto in una volta. Annuisco con la testa per dimostrargli che sto ascoltando. Su di noi cade un lungo silenzio, fino a quando il professor Keats si schiarisce la gola e mi dice di sedermi al lato della scrivania invece che davanti a essa.

Faccio quello che mi viene detto, non ci penso due volte ad affrettarmi al suo fianco. Mi siedo dritta e incrocio le gambe alle caviglie, concentrandomi sulla postura.

Ricordo fin troppo bene quanto il professor Keats odi le posture scorrette. Una volta mi ha richiamata per questo nel bel mezzo della lezione. Ora faccio del mio meglio per esserne consapevole in sua presenza.

“Sei stata bocciata al mio corso, ti ho dato un'opportunità dopo l'altra per migliorare il pessimo voto ma tu le hai sprecate tutte quante. Oggi, da uomo generoso e premuroso quale sono, ti ho dato un'ultima possibilità. Tua madre è morta, tuo padre non c'è e il tuo tutore legale non può permettersi un tutor, giusto?”

Il professor Keats ha capito tutto, ma io mi sono impegnata nel suo corso. Non è che non capisca il materiale, ma è come se ogni volta che lo presento, il mio lavoro sia in qualche modo sbagliato. Io e i miei compagni di classe non siamo mai stati uniti ma ho letto il compito di Warren, il ragazzo che siede accanto a me, e ho pensato che il mio fosse molto meglio del suo anche se lui ha comunque ottenuto un voto molto più alto del mio.

“Sì signore, è corretto”. Rispondo docilmente.

“Come hai detto tu stessa, devi passare il mio corso o non ti diplomerai in tempo. Sei disposta a fare tutto quello che puoi?”

Sento un groppo in gola, come se fosse ricoperta di colla a causa della sua domanda.

“Sì, signore, lo sono”. Sembro una bambina colpevole che è stata sorpresa a mettere mano al barattolo dei biscotti. La mia risposta fa sì che le labbra di Keats si trasformino in un sorrisetto compiaciuto che sostituisce il cipiglio indurito. “È una notizia eccellente, signorina Sinclair. Mi rallegra vedere la sua dedizione all'istruzione”. Mi riempie di complimenti ma invece di crogiolarmi nel primo che mi abbia mai fatto, sento che forse non sarei dovuta venire qui.

Mi dico che non ho altre opzioni e che quindi non avrei potuto rifiutare la sua offerta. “La mia… situazione è unica, signorina Sinclair, lei capisce che ogni persona ha i suoi gusti e le sue preferenze. La mia è piuttosto specifica. Vorrei offrirle un'occasione unica. Se dice di no, la boccerò. Non avrà un'altra possibilità. Mi capisce?” La sua voce suona definitiva, come se avessi bisogno di qualsiasi cosa implichi quest'occasione, ed è la verità. Devo essere promossa.

“Sissignore”. Rispondo piano, posso sentire che mi sto rimpicciolendo. Il professor Keats ruota la sedia girevole verso di me, le sue mani chiuse davanti a sé. “Non sono sicuro che lei ci tenga davvero abbastanza, signorina Sinclair. Mi convinca”. Fissa il vuoto, invece che occhi le sue pupille sembrano pezzi di carbone nero.

“Professor Keats, farò tutto ciò di cui ha bisogno, devo superare l'esame. So che lei è stato gentile ad avermi dato una seconda possibilità e io l'ho rovinata. Ma mio fratello conta su di me e non posso essere bocciata un altro anno. Ha già rinunciato a così tanto. Mi chieda qualsiasi cosa e io mi assicurerò che venga fatta a suo piacimento, signore. Giuro che sono assolutamente dedita al cento per cento al suo corso e alla mia istruzione, signore”. Mi avvicino al bordo della sedia e mi appoggio sulle punte dei piedi mentre lo supplico.

Keats annuisce leggermente con la testa, appena perché io lo noti. Si lecca il labbro inferiore con la lingua rosea mentre mi scruta con sguardo inquisitorio. Io distolgo lo sguardo, mi sento come un insetto che lui sta decidendo se schiacciare sotto il peso della scarpa. Si schiarisce la gola un'altra volta e si rilassa nel suo posto. “Signorina Sinclair, non accetterò nessuna forma di ritorsione, disobbedienza o fallimento nel fare esattamente quello che le viene detto. Sono stato chiaro?”

“Sì, signore”. Sussurro, sento che succederà qualcosa di brutto. “Alzati”. Comanda in una parola. Salto in piedi, mettendomi rigida e dritta. “Togliti le scarpe”. La sua voce si fa più profonda, come una lampadina che esplode senza preavviso, lasciando che il vetro si frantumi e ricopra la stanza con i suoi pericolosi frammenti. “Guardami. Non guardare nient'altro in questa stanza”. Ringhia, il tono baritonale è come un secchio di acqua gelata nel mio sangue. Non sapendo cosa ha in serbo e non volendo fallire, faccio come mi viene detto.

Mi tolgo le scarpe da ginnastica nere, tengo gli occhi puntati sulle sue orbite scure come un buco nello spazio. “Sciogliti i capelli”. Lui incontra il mio sguardo con ogni parola. Mi sento male ma vado avanti e seguo quello che ha detto.

Lascio andare i miei lunghi capelli color cioccolato dalla coda di cavallo e li faccio cadere sulle spalle e sulla schiena, metto l'elastico al polso per non perderlo.

Il signor Keats si appoggia alla sedia allungando le gambe mentre armeggia con la coulisse dei pantaloni.

Trattengo il gemito che mi riempie la gola fino all'orlo, guardo solo i suoi occhi. Sono neri, senza anima e mi osservano come un falco.

“Togliti la camicetta”. Quell'unico comando mi fa sprofondare il cuore. Nessuno mi ha mai vista nuda. Non sono mai uscita con nessuno e non sono mai stato sorpresa mentre mi cambiavo. Ho appena compiuto diciotto anni ma comunque, la maggior parte delle ragazze ha avuto almeno un ragazzo, ormai. Ho a malapena dato il mio primo bacio ed eccomi qui a spogliarmi davanti al mio insegnante in modo da assicurarmi di passare il suo corso prima ancora che abbia mai avuto la possibilità di sperimentare qualcosa di tutto ciò.

So che non ho scelta, non una vera. Faccio quello che mi viene detto.

Prendo l'orlo della mia semplice camicetta rosa e la sollevo sulla pelle nuda, esponendo il basso ventre, poi l'ombelico, la cassa toracica e infine il petto.

Le braccia scivolano fuori mentre faccio uscire la testa e appoggio la camicetta sulla sedia dietro di me. Il mio reggiseno bianco è in piena vista e i miei seni sporgono un po' al di sopra.

Sapevo di aver bisogno di nuovi vestiti da un po' ma non potevo chiedere. Erik non dovrebbe pagare per questa roba.

Nel vedermi, il professor Keats prende un respiro corto e affannoso, fa scorrere i pantaloni della tuta fino alle ginocchia e si infila una mano nei boxer a quadri. Mantengo la mia compostezza, fissandolo negli occhi e non osando guardare nessun'altra parte del suo corpo. “Slaccia il reggiseno e dammelo”.

Sembra che stia soffrendo, posso sentire la sedia scricchiolare a causa dei movimenti in cui è impegnato. Metto le mani dietro la schiena e raggiungo il morbido lembo di cotone, poi sgancio la chiusura e le spalline ricadono ai lati, le coppe scivolano via dal mio petto. Keats segue ogni mio movimento come se stesse mangiando ogni centimetro della mia carne nuda. I suoi occhi sono affamati e pronti a divorarmi.

Mi tolgo il reggiseno sfilandolo dalle spalline. I miei seni penzolano leggermente più in basso e i miei capezzoli si induriscono con il cambiamento di temperatura.

Mi piego in avanti e lascio che il professor Keats mi prenda il reggiseno dalle mani e lo guardo portarselo al naso. Inspira profondamente, come se profumasse di biscotti appena sfornati. Voglio coprirmi.

Voglio piegare le braccia intorno a me e bloccare il suo sguardo ma ho troppa paura.

“Togliti i pantaloni”. La voce trema insieme a lui, tutto il suo corpo sta tremando. Non l'ho mai visto ma so cosa sta facendo. Sembra che stia attaccando se stesso. Non sapevo che dovesse essere fatto in modo così rude.

Gli obbedisco, slacciando il bottone dei jeans e tirando giù la cerniera, sostengo il suo sguardo, venendo risucchiata nel buco nero. Lascio che i jeans mi cadano alle caviglie e mi tiro fuori calciandoli dietro di me.

Le mie cosce formose sembrano aver attirato il suo interesse. Il professor Keats si morde il suo labbro inferiore mentre si masturba davanti a me.

Sono in piedi davanti a lui con indosso nient'altro che le mie mutandine a pois verdi e blu, lui mi beve fino all'ultima goccia.

“Toglitele”. Grugnisce, il suo viso è teso e arrabbiato. Si lecca il labbro inferiore e i suoi occhi strisciano su di me. Quello sguardo sembra appiccicoso e viscido come l'attenzione indesiderata che è.

Cerco di agganciare i pollici sotto le mutandine, ma le mani mi tremano così tanto che non ci riesco. La mia vista inizia a offuscarsi e sento le lacrime scendere sulle guance.

“Non piangere”, sibila lui. “Non piangere, cazzo!”

La rabbia nella sua voce mi spaventa e fa solo cadere altre lacrime.

“Mi… mi dispiace, signore. Io… Io…” Soffoco un singhiozzo.

Il professor Keats geme per la frustrazione e smette di masturbarsi. Mi fissa e io sono piena di terrore.

“Uscirò da questa stanza e ti darò due minuti. Quando tornerò quelle lacrime saranno sparite. Poi farai esattamente come ti dico. Capito?”

Posso solo annuire. Se provassi a parlare piangerei solo di più.

Keats si alza con sguardo di disgusto, il mio reggiseno stretto in un pugno. Non vuole nemmeno guardarmi. È come se le mie lacrime mi avessero improvvisamente trasformata in una bestia orribile con cui non vuole stare nella stessa stanza.

Dopo che se n'è andato mi asciugo freneticamente gli occhi. Presto sarebbe tornato e mi avrebbe fatto togliere le mutandine.

E poi…

E poi cosa?

L'orrore mi fa quasi fermare il cuore. Devo uscire da qui.

Mi rivesto più velocemente che posso, inciampando impacciata a causa della paura. Ha ancora il mio reggiseno ma non mi importa. Prendo le mie cose e corro verso la porta d'ingresso. La sto aprendo quando lo sento gridare da dietro di me.

“Marcella!” Ruggisce, i suoi passi tuonano dietro di me.

 

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La principessa dei draghi

11 ANNI PRIMA

Era ancora buio quando papà arrivò nella mia camera da letto. Il sole stava ancora dormendo, insieme a tutti gli uccelli.

Stava andando all’avventura, disse, e pensava che mi sarebbe piaciuto partire con lui.

Naturalmente lo feci.

Saltai dal mio letto. Misi il mio cappotto di pelle di pecora. Era estate, ma le mattine erano ancora fresche…

Età: 18+

Ninfa, la seconda possibilità dell’alfa

Adelie è abituata a rimanere nell’ombra e a vivere una vita ordinaria nel suo branco di lupi. Ma tutto cambia quando viene rifiutata dal suo compagno, l’alfa, e deve trovare un nuovo branco in cui vivere. Trova poi una nuova casa nel branco dell’alfa Kairos.

Kairos, un lupo noto per la sua natura vile e il suo carattere furioso, si rivelerà essere la seconda possibilità per Adelie di avere un compagno. Ma le cose potranno funzionare se la paura di Kairos del passato gli impedisce di aprirsi e Adelie sta per scoprire di avere dei poteri che non aveva mai nemmeno sognato?

Età: 16+

L’ultima speranza

Lake aveva un piano perfetto. Trovare il suo compagno, sistemarsi e costruire una famiglia. Ma quando il suo compagno la rifiuta per un’altra, il piano di Lake va in frantumi… E così il suo cuore.

Può mantenere la fede che la Dea abbia qualcos’altro in serbo per lei? Potrebbe essere anche meglio di quello che aveva pianificato.

Età: 16+

Riders of Tyr

Ava è una cacciatrice di taglie solitaria alla ricerca del motociclista più pericoloso della California del Nord. Ma quando le circostanze la costringono a fare squadra con Bjorn, un grintoso e splendido vichingo dei giorni nostri del Riders of Tyr MC, non può combattere il fuoco che scocca tra loro.

Ava si lascerà prendere dal suo spasimante o tornerà per la sua strada da sola?

Età: 18+

Le guerre dei lupi

Dopo le Guerre dei Lupi, i lupi mannari e gli umani si accordarono per una tregua scomoda e divisero il mondo tra di loro. I lupi mannari presero le foreste e le pianure, mentre gli umani le città e i paesi. L’umanità fu ulteriormente segregata in Lavoratori ed Elite.

Ora, il cibo è scarso e i Lavoratori stanno morendo di fame ed è così che la dodicenne Lavoratrice Ellie si ritrova affamata e bloccata nel territorio dei lupi mannari. Ma si tratta davvero delle bestie spaventose da cui è stata messa in guardia o le Elite hanno nascosto la verità?

Età: 18+ (Attenzione ai contenuti: stupro e violenza)

La bella e l’alfa Grayson

Belle non è al corrente dell’esistenza dei mutaforma. Su un aereo per Parigi incontra l’Alfa Grayson, che pretende che lei gli appartenga. L’alfa possessivo marchia Belle e la porta nella sua suite, dove lei cerca disperatamente di combattere la passione che sta crescendo tra di loro.

Belle si lascerà vincere dai suoi desideri o riuscirà a resistere?

Età: 16+

Menti perverse

Elaina Duval ha vissuto una vita perfettamente felice e normale con sua madre, fino al giorno in cui ha compiuto diciotto anni. Il giorno del suo compleanno scopre di essere stata promessa al crudele e senza cuore Valentino Acerbi, destinato a diventare capo della mafia italiana. Senza scelta o voce in capitolo, viene trascinata nel suo mondo contorto e costretta a sopportare cose che nessun essere umano dovrebbe sopportare… Ma se la cosa iniziasse a piacerle?

Età: 18+ (Attenzione ai contenuti: Violenza, Abuso sessuale, Stupro, Traffico di esseri umani)

Rischia

Kara è la tipica ragazza dell’ultimo anno di liceo, non è popolare, ma non è nemmeno un’emarginata. Ha un ragazzo, Adam… finché non lo becca mentre la sta tradendo. Ora lei vuole dimenticarsene, ma lui continua a comparire ovunque. Finché, a una festa, lui inizia a diventare violento. Sfortunatamente per lui, è la festa di Jason Kade. Dopo aver fatto il culo ad Adam, Jason mette gli occhi su Kara e non gli piace la parola no. Ora Kara e Jason sono coinvolti in un gioco in stile gatto e topo, ma chi è chi?

Età: 18+