Sienna è una lupa mannara di diciannove anni che nasconde un segreto: è ancora vergine. L’unica vergine del branco. È decisa a superare anche il periodo di calore di quest’anno senza cedere ai suoi impulsi primordiali, ma quando incontra Aiden, l’Alfa, si dimentica del tutto del suo autocontrollo.
Età: 18+
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1
Sienna è una lupa mannara di diciannove anni che nasconde un segreto: è ancora vergine. L'unica vergine del branco. È decisa a superare il periodo di calore di quest'anno senza cedere ai suoi impulsi primordiali, ma quando incontra Aiden, l'Alfa, si dimentica del tutto del suo autocontrollo.
Età: 18+
Autore originale: Sapir Englard
Questa è una storia che scotta ♨️ e l'episodio 1 inizia con un audio altrettanto bollente !
Potresti volerlo ascoltare con le cuffie, o magari in privato .
Non vedevo nient'altro che sesso.
Ovunque mi girassi, c'erano corpi che tremavano. Arti che si spostavano. Bocche che gemevano.
Correvo attraverso la foresta, ansimando, cercando di scappare dai fantasmi della passione che erano intorno a me, che sembravano invocarmi, che sembravano invitarmi a unirmi a loro.
Ma più mi addentravo nel bosco, più la foresta diventava scura e viva.
Alcuni alberi ondeggiavano come amanti. Altri, con radici nodose e rami sottili, assomigliavano a predatori. Che si avvicinavano a me. Inseguendomi.
Qualcosa là fuori nel buio mi stava inseguendo. Qualcosa di inumano.
E ora le bocche non stavano gemendo. Stavano urlando.
Orge grottesche ovunque che diventavano violente. Sanguinose. Potenzialmente letali.
Da un momento all'altro, l'oscurità mi avrebbe catturata.
Il sesso stava per strangolarmi.
Quando sentii una radice serpeggiare intorno alla mia gamba, inciampai e caddi in un'enorme fossa al centro della foresta. Ma non era una fossa.
Era una bocca. Con denti affilati e una lingua nera che si leccava le labbra e che stava per inghiottirmi tutta.
Cercai di gridare, ma non avevo voce.
Caddi.
Più lontano.
Più in profondità.
Finché non fui un tutt'uno col violento delirio sessuale… completamente consumata.
***
Sbattei le palpebre. Cosa diavolo stavo disegnando?
Seduta sulla riva del fiume, con un quaderno di schizzi in mano, guardai, incredula, il mio lavoro. Avevo disegnato una visione molto inquietante… ed erotica.
Questo poteva significare solo una cosa: il calore stava arrivando.
Ma prima di dare al calore o al mio disegno un altro pensiero, il suono di una risatina nelle vicinanze mi distrasse. Mi voltai per vedere un gruppo di ragazze che lo circondavano.
Aiden Norwood.
Non l'avevo mai visto qui, prima. Non sulla riva del fiume dove andavo a disegnare e a liberare la mente. Non si trovavano molti della nostra specie, in giro da queste parti.
Perché? Non lo sapevo.
Forse era per via della quiete che emanava il luogo, mentre da noi ci si aspettava un comportamento selvaggio. Forse è l'acqua, in contrasto con il fuoco che bruciava dentro ognuno di noi. O forse era solo un posto che avevo sempre pensato come mio.
Un luogo segreto dove non ero una del branco. Dove ero solo io, Sienna Mercer, una diciannovenne artista autodidatta dai capelli rossi. Una ragazza apparentemente normale.
L'Alfa camminava verso l'acqua, ignorando il branco di ragazze che lo seguiva. Sembrava che volesse essere lasciato solo. Questo mi incuriosiva. Mi fece venire voglia di disegnarlo.
Certo, sapevo che era un rischio attirare l'Alfa. Ma come potevo resistere?
Cominciai a delineare il suo profilo. Alto un metro e ottanta, con i capelli neri spettinati e gli occhi verde-oro che sembravano cambiare colore ogni volta che girava la testa, Aiden era la perfetta definizione di appetitoso.
Stavo appena iniziando a lavorare su quegli occhi quando girò la testa e annusò l'aria.
Mi bloccai, a metà del tratto della penna. Se mi avesse vista ora, se avesse visto cosa stavo disegnando…
Ma poi, con mio sollievo, tornò a guardare l'acqua, perdendosi di nuovo in qualche oscura fantasticheria. Anche se circondato da altri, l'Alfa sembrava solo. Così lo disegnai da solo.
L'avevo sempre osservato da lontano. Non ero mai stata così vicina. Ma ora potevo vedere come i suoi bicipiti spuntassero dalla camicia, come la sua spina dorsale si curvava per adattarsi alla sua trasformazione.
Immaginavo quanto velocemente potesse trasformarsi. Piegato, con sguardo simile a quello di un animale selvaggio, sembrava, in questo caso, già a metà strada.
Un uomo, sì. Ma ancora di più, un lupo mannaro.
La sua bellezza mi ricordò che il calore si stava avvicinando rapidamente. Era il periodo dell'anno in cui ogni lupo mannaro dai sedici anni in su impazziva di lussuria, la stagione in cui tutti, ma proprio tutti, scopavano come pazzi.
Una o due volte l'anno, questa fame imprevedibile, questo bisogno fisico contagiava tutti noi del branco.
Quelli che non avevano un compagno fisso trovavano un partner temporaneo e si divertivano così.
In altre parole, non c'era nessuno nel branco oltre i sedici anni che fosse vergine.
Guardando Aiden ora, mi chiedevo se le voci che giravano su di lui fossero vere.
Se quello era uno dei motivi per cui era qui, ignorando le ragazze, a rimuginare sulla riva del fiume.
Alcuni dicevano che erano mesi che Aiden non si portava a letto una donna, che si stava allontanando da tutti.
Perché? Una compagna segreta? No, i pettegolezzi del branco l'avrebbero già fiutata.
E allora cos'era? Cosa sarebbe successo al nostro amato Alfa se non avesse avuto una compagna quando il calore l'avrebbe colpito?
Non sono affari tuoi, mi rimproverai. Che importanza aveva per me chi si scopava Aiden?
Aveva dieci anni di più e, come la maggior parte dei lupi, era interessato solo a qualcuno della sua età.
Per Aiden Norwood, l'Alfa del secondo branco più grande degli Stati Uniti, io non esistevo. Mettendo da parte la mia cotta da scolaretta, capii che era meglio così.
Michelle, la mia migliore amica, era decisa a trovarmi uno scopamico. Lei si era già accoppiata in anticipo, come era comune tra i lupi non accoppiati prima del calore.
Cercando di sistemarmi con tre amici di suo fratello, tutti tipi a posto che erano stati schietti nel dirmi che mi ritenevano adatta per passare bei momenti a letto, Michelle non riusciva a capire perché avessi rifiutato ognuno di loro.
“Ugh”. Potevo quasi sentire la voce di Michelle riverberare nella mia testa.
“Perché sei sempre così dannatamente esigente, ragazza?”
Perché la verità era che avevo un segreto.
A diciannove anni, ero l'unica lupa vergine di tutto il branco. Avevo attraversato tre calori e, per quanto fossi diventata quasi pazza per la voglia di sesso, non avevo mai ceduto ai miei desideri carnali.
Lo so. Molto poco lupesco da parte mia preoccuparmi dei “sentimenti” e delle “prime volte”, ma li avevo a cuore.
Non che fossi una puritana. Nella nostra società non esisteva una cosa del genere. Ma, a differenza della maggior parte delle ragazze, mi rifiutavo di accontentarmi finché non avessi trovato il mio compagno.
Stavo per trovarlo. Stavo conservando la mia verginità per lui.
Chiunque potesse essere.
Continuai a disegnare la bozza dell'Alfa quando alzai lo sguardo e vidi, con mia sorpresa e improvviso terrore, che lui non era lì.
“Non male”. Sentii una voce bassa accanto a me. “Ma gli occhi potrebbero essere fatti meglio”.
Mi girai per vedere, in piedi accanto a me, chi guardava il mio schizzo…
Cazzo.
Aiden.
Norwood.
Prima che potessi riprendere fiato, alzò lo sguardo e i nostri occhi si incontrarono. Mi tesi, realizzando che stavo avendo un contatto visivo diretto, e immediatamente distolsi lo sguardo.
Nessuno sano di mente osava guardare l'Alfa negli occhi.
Poteva significare solo una delle due cose: stavi sfidando il dominio dell'Alfa, un desiderio di morte. Oppure, stavi invitando l'Alfa a fare sesso.
Dato che non avevo intenzione di fare nessuna delle due cose, la mia unica opzione era quella di abbassare gli occhi prima che fosse troppo tardi e pregare che non interpretasse male il significato del mio sguardo.
“Perdonami”, dissi a bassa voce, giusto per andare sul sicuro. “Mi hai colta di sorpresa”.
“Mi scuso”, disse lui. “Non volevo spaventarti”.
Quella voce. Anche pronunciando le parole più educate che si possano immaginare, suonava carica di minaccia. Come se da un momento all'altro potesse strapparti la gola con i soli denti umani.
“Va tutto bene”, disse. “Davvero. Non mordo… la maggior parte delle volte”.
Ero così vicina che avrei potuto allungare la mano e toccare i suoi muscoli increspati e la sua pelle dorata. Alzai gli occhi e lanciai uno sguardo.
Un volto brutale e irregolare che non avrebbe dovuto essere bello, ma lo era. Spesse sopracciglia che sembravano ruvide al tatto, come un indizio sulla sua forma di lupo mannaro.
E un naso, anche se leggermente storto – senza dubbio rotto in qualche zuffa passata – che non rovinava di certo il suo aspetto sexy da morire.
L'Alfa fece un passo più vicino, come per mettermi alla prova. Potevo sentire ogni pelo del mio corpo rizzarsi in trepidazione. O… era una tentazione?
“La prossima volta che mi disegni”, disse Aiden, “vieni più vicino”.
“Oh… ok”, balbettai come un'idiota.
E poi, con la stessa rapidità con cui era apparso, Aiden Norwood si voltò e se ne andò, lasciandomi sola in riva al fiume. Sospirai, sentendo ogni muscolo del mio corpo sciogliersi.
Non era una cosa comune vedere l'Alfa fuori dal Ritrovo, il quartier generale per tutti gli affari del branco. La maggior parte delle volte, vedevamo l'Alfa alle riunioni o ai balli. Sempre in occasione di un evento formale.
Quello che era successo qui oggi era raro.
Potevo già vedere, dagli sguardi gelosi delle fan adoranti di Aiden che lo avevano seguito fin qui solo per essere ignorate, che la situazione poteva andare rapidamente fuori controllo.
Anche solo il sentore di un'interazione con una femmina, specialmente una giovane popolana come me, sarebbe stato sufficiente a mandare le puttane più arrapate in delirio, abbattendo le mura del Ritrovo solo per avere un assaggio di lui.
Un evento di quella portata avrebbe sicuramente stressato l'Alfa. E un Alfa stressato significava un Alfa disfunzionale, che significava un branco disfunzionale… avete capito, insomma.
Nessuno voleva questo.
Decisi, con la poca luce del giorno che rimaneva, che avrei finito di disegnare per liberare la mia mente. Solo io e il fiume, in pace.
Ma tutto quello che riuscivo a vedere erano gli occhi di Aiden Norwood.
E quanto avessi sbagliato a disegnarli. L'Alfa aveva ragione. Potevo fare di meglio.
Se solo avessi potuto avvicinarmi… di più. Ma quando mai sarei stata di nuovo così vicina?
Non sapevo allora quello che so ora, cioè che, in poche ore, il calore sarebbe iniziato.
Che stavo per diventare una bestia folle di sesso. E che Aiden Norwood, l'Alfa del Branco della Costa Est, avrebbe avuto un ruolo molto importante nel mio risveglio sessuale…
E tutto questo era abbastanza per far ululare una ragazza.
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2
Non potevi decidere quando e dove il calore ti colpiva.
Alla guida? Avresti fatto meglio ad accostare in fretta, altrimenti avresti causato un tamponamento a catena con almeno cinquanta auto coinvolte.
Al lavoro? Dovevi timbrare il cartellino e correre verso le colline, altrimenti tu e il tuo capo sareste diventati molto più che semplici colleghi.
Mentre mi sedevo a cena, pregavo che non mi colpisse proprio mentre ero con la mia famiglia, il peggior posto possibile.
Diedi una mano a preparare la tavola e servii a Selene un piatto di lasagne fatte in casa, lanciando uno sguardo alla porta sul retro, nel caso avessi dovuto lanciarmi in una fuga improvvisata.
Mi sedetti a mangiare con tutta la famiglia, che era già nel mezzo di una vivace conversazione.
“Cosa c'è, Jeremy?” disse mia madre, facendo un cenno al compagno di mia sorella. “Non hai quasi detto una parola da quando sei entrato. Come va il lavoro?”.
“Non devi rispondere, avvocato”, disse Selene, lanciando alla mamma uno sguardo divertito.
“Beh”, disse Jeremy ridendo, “se stai chiedendo pettegolezzi sulla nostra leadership, Melissa, sai che non posso divulgare questo tipo di informazioni”.
“Neanche un cenno per confermare o negare?”
“Mamma”, disse Selene. “È il capo avvocato del branco. Il suo lavoro è mantenere i loro segreti”.
“Ma…” Mamma sospirò. “Non ho bisogno di sapere niente di importante. Solo qualcosa per chiacchierare un po'. Tipo… è vero che il nostro Alfa e Jocelyn non stanno più insieme e ora lei esce con il suo Beta, Josh?”
“Mamma“, la rimproverammo all'unisono io e Selene.
Jeremy sorrise. “Mi appello al quinto emendamento”.
“Oh, non siete divertenti, nessuno di voi”.
Quella donna si comportava più lei come un'adolescente che entrambe le figlie messe insieme. Ma la amavamo ancora di più per questo motivo. Il più delle volte.
“Potresti chiedermi del mio lavoro, sai”, disse Selene.
“L'ho fatto, vero?”, chiese lei attraverso un boccone di lasagne. “Sono sicura di averlo fatto”.
Selene sgranò gli occhi. Mamma aveva sempre voluto che Selene cercasse una carriera più stabile. La moda, secondo mia madre, non era un lavoro vero e proprio. Era un hobby.
“Un giorno qualcosa va di moda, quello dopo no”, diceva. “Questo vale per i vestiti e per tutta l'industria, Selene! Pensa a lungo termine”.
Bene, ora Selene ci era riuscita, dimostrando che tutti gli anni di consigli della mamma erano stati inutili, e stava lavorando attivamente in una delle migliori aziende di moda della città.
Ma Selene lasciava sempre che gli insulti della mamma le scivolassero addosso. Su tutti i livelli, lei era la versione più bella, intelligente e di successo di me.
Ogni volta che lo dicevo ad alta voce, cosa che facevo spesso, Selene mi spingeva dolcemente e diceva solo: “Sei ancora giovane, Sienna. Datti tempo”.
Ma quando si trattava dei miei sogni, della mia futura carriera da più grande artista del mondo, non ero mai stata paziente. Un giorno avrei aperto la mia galleria.
Un giorno, presto, mi ero ripromessa. Non mi importava cosa avrebbe detto la mamma. Selene aveva dimostrato che non aveva ragione su tutto.
“Va bene così, mamma”, disse Selene, cambiando argomento. “I pettegolezzi sono comunque più interessanti. A proposito…”
Gli occhi di Selene sfrecciarono su di me. Scossi silenziosamente la testa. Non farlo.
“Hai idea di chi potrebbe essere il tuo partner per la stagione?”
“Ooooh, sì”, disse mamma, voltandosi verso di me. “Cosa, o dovrei dire, chi è sul menù quest'anno?”
“Una lupa non rivela mai i suoi segreti”, dissi, facendo la timida.
Per un secondo, la mia famiglia sembrò davvero andare avanti nella conversazione.
Ero brava in questo genere di cose: guidare le conversazioni, prendere il controllo, tenere l'attenzione su chiunque tranne che su di me. Anche se ero la più giovane, avevo sempre avuto quella capacità di essere autorevole.
Ma mia madre sfuggì al mio controllo.
“Ci risiamo”, disse mamma, scuotendo la testa. “La nostra piccola dominatrice ci fa sempre sottomettere ai suoi capricci. Dai, su. Dicci. C'è un ragazzo?”
“Ad alcuni di noi piace tenere le nostre vite intime private, mamma”, dissi.
Mamma scrollò le spalle. “Non c'è niente da nascondere. So che tuo padre non vede l'ora che arrivi l'ondata di calore di quest'anno, vero, tesoro?”
“Sto contando i secondi”, disse papà, tenendo in mano il suo bicchiere di vino, sorridendo maliziosamente.
“Ragazzi. PER FAVORE. Che schifo”.
Faceva schifo, certo. Ma non era questo il motivo per cui mi dava tanto fastidio. Mia madre era sempre stata una creatura sessualmente libera. No, quello che non mi piaceva erano le bugie.
Quando dicevo che la mia verginità era il mio segreto, dicevo sul serio. Nemmeno mia madre lo sapeva.
Il che era strano perché eravamo sempre state così aperte l'una con l'altra, su tutto. Non mi aveva mai nascosto la verità.
Non su come aveva incontrato papà, che era un umano. Né su come loro due avevano avuto la loro unica figlia, Selene. E certamente nemmeno su come mi avevano trovata.
In realtà non erano i miei genitori biologici.
Sono stata scoperta in un passeggino abbandonato fuori dall'ospedale dove lavorava mia madre. Non che avesse importanza, come diceva sempre mamma.
Stavo per cambiare l'argomento con qualsiasi cosa, qualsiasi cosa che non fosse il calore, quando successe.
Mi bloccai. Un lento, pulsante calore ardente si accese nel mio cuore, facendomi sentire il corpo in fiamme.
Respirare divenne impossibile, il sudore coprì ogni centimetro della mia pelle e prima che potessi resistere, la cucitura dei miei jeans si premette contro il mio inguine.
Tremavo, scossa da un desiderio improvviso e insopportabile.
CAZZO.
Uno sgradevole rantolo lasciò la mia bocca prima che potessi fermarlo e, quando aprii gli occhi, che non ricordavo di aver chiuso, vidi che tutti gli altri nella sala da pranzo stavano avendo la mia stessa reazione.
No, no, no.
Non qui.
Non in famiglia.
Il modo in cui mia sorella fissava Jeremy. Il modo in cui mia madre si alzò dal suo posto, chinandosi verso mio padre.
Non potevo sopportarlo. Scappai dalla stanza il più velocemente possibile.
La cucina.
Il corridoio.
La porta d'ingresso.
E poi fuori, nella notte fresca, dove crollai in ginocchio.
Il calore strisciava nel mio corpo come un serpente velenoso. I miei capezzoli si inturgidirono e il mio stomaco si scosse, contorcendosi per il bisogno sessuale.
La mia gola era intasata e lottavo per respirare. Anche nella notte ventosa, i vestiti mi si appiccicavano alla pelle. Volevo toglierli.
Volevo le mani di qualcuno sui miei seni, sul mio ventre, sulla mia vagina…
Oh, Dio. Il calore non era mai stato così forte.
Probabilmente era un accumulo di ogni bisogno e frustrazione sessuale che avevo represso nelle ultime tre stagioni.
Avrei dovuto aspettarmelo. Naturalmente, sarebbe successo proprio questo, prima o poi. A cosa avevo pensato? Non ero pronta. E ora ne stavo pagando il prezzo.
Guardai la casa dietro di me, un posto dove normalmente avrei trovato sicurezza e conforto. Ma non in questo momento. Assolutamente no. Probabilmente i miei genitori stavano già approfittando del calore.
L'idea di Selene e Jeremy non era molto meglio. Ma si comportavano più come persone, meno come lupi, rispettando i confini, la privacy, le norme sociali.
Probabilmente sarebbero tornati al loro appartamento in centro prima di mettere in atto l'impulso.
Me li tolsi dalla testa e corsi per il sentiero verso il bosco.
Superai degli umani, totalmente ignari, che si facevano gli affari loro, e alcuni lupi che erano, come me, nel primo stadio del calore e cercavano di orientarsi.
Eraiù facile per loro: non erano vergini. Avevano fatto molto sesso durante le stagioni passate. Io no. Io ero fuori di testa.
All'ingresso del bosco, mi spogliai. Non mi importava se qualcuno mi avesse vista. Avevo bisogno di trasformarmi.
Proprio qui.
Proprio ora.
Normalmente, avevo il pieno controllo quando mi trasformavo, ma non quando il calore stava prendendo il sopravvento. No. Non potevo più rimanere in questa forma umana.
Chiusi gli occhi e sentii la beatitudine della trasformazione.
Di solito, sentivo ogni parte della trasformazione: le membra che si allungavano, i muscoli che si tendevano, il corpo che diventava alto, la pelliccia rossa, uguale ai miei capelli umani, che spuntava sopra la mia pelle. Che mi ricopriva interamente.
Ma non ora. Ora, non sentivo altro che il calore.
Respiravo e la mia voce era un ringhio. Le mie dita, ora artigli neri come il carbone. Attraverso gli occhi di un lupo, tutto era più aggressivo, più violento.
Soprattutto ora. Quando il calore era appena iniziato.
Nella mia piena forma di lupo, corsi in profondità nel bosco.
Il vento freddo soffiava sulla mia pelliccia, il terreno duro era umido sotto le mie zampe, e gli odori del bosco mi riempivano il naso.
Gli ululati risuonavano nel bosco. Quelli di chi non aveva un partner. Quelli che stavano cercando un compagno.
Imprecai tra me e me. Nel mio calore, avevo dimenticato di pensare alle conseguenze.
Andare nel bosco all'inizio della stagione era come implorare di essere scopata. Questi boschi erano come il bar di un college. Tutto appetito sessuale e stupidi istinti.
Da un momento all'altro, un lupo avrebbe fiutato il mio odore e riconosciuto che non avevo qualcuno accanto. Mi avrebbe perseguitata finché non avessi ceduto. Più di uno lo avrebbe fatto, ne ero sicura.
Un gioco, una sfida, per chi riusciva a vincere per primo la lupa indifesa.
Anche se il mio corpo mi implorava di fare il contrario, non avrei ceduto così facilmente. Questi lupi potevano fare tutto il sesso che volevano. Non stavo giudicando. Ma io ero in attesa di quello giusto.
Aspettavo quel momento, quell'istante, quell'improvviso e indescrivibile sguardo di riconoscimento, quando due mannari si guardavano negli occhi e capivano che sarebbero stati compagni per la vita.
Non vedevo l'ora che succedesse a me.
Ma qui, nel bosco, all'inizio del calore? Era improbabile, a dir poco.
Divenni iperconsapevole dei lupi maschi, di ogni loro movimento, del loro odore.
Correvo sfacciatamente, rilasciando feromoni nell'aria, attirandoli più vicino. E presto capii che mi avrebbero messa all'angolo.
Erano in cinque. Tutti lupi maschi affamati.
Al mio corpo piaceva. Oh, come non mai.
Per un secondo, mi chiesi se questo sarebbe stato l'anno giusto.
Avrei finalmente ceduto? Avrei ceduto a questi cinque maschi, prendendoli tutti insieme? Avrei finalmente perso la mia verginità, proprio qui, proprio ora, nel mezzo della foresta?
Mentre il calore prendeva il sopravvento e tutti i miei desideri di aspettare il mio compagno cominciavano a svanire, mi chiesi: cosa mi stava fermando? Onestamente? Lo volevo.
Oppure no?
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