Fuga dal miliardario - Copertina

Fuga dal miliardario

Kimi L. Davis

Capitolo 2

Trascorsi il resto della giornata facendo quello che di solito facevo per il signor Caldwell, con la sola differenza che confermai gli appuntamenti a nome del signor Benson, inoltrai le e-mail al signor Benson, e presi i messaggi per il signor Benson. Sembrava che il mondo intero sapesse della sua nuova posizione a capo dell'azienda e volesse parlargli e, per farlo, dovevano passare da me.

Quando finalmente arrivarono le cinque, presi le mie cose e mi diressi verso l'ascensore. La fortuna era dalla mia parte e l'ascensore arrivò rapidamente. Ma mentre le porte cominciavano a chiudersi comparve una mano che le fermò. Le porte si aprirono di nuovo ed entrò il signor Benson.

Wow, il mio solito culo.

Mi spostai istintivamente nell'angolo posteriore dell'ascensore, per fargli spazio. Il signor Benson premette il pulsante di chiusura, poi mi raggiunse nell'angolo posteriore e mi si mise accanto, con la manica della giacca che mi sfiorava il braccio. Che diavolo?

Il cuore mi balzò in gola per la vicinanza. Ma perché deve starmi così vicino?L'odore della sua colonia mi invase le narici e mi ci volle tutta la forza del mondo per non fare qualcosa che avrebbe messo a rischio la mia carriera.

Nonostante non volessi, non potei fare a meno di fissarlo da sotto le ciglia. Dio, era sexy. Una parte di me desiderava che fosse solo un bravo ragazzo e non il tipico donnaiolo, ma ne dubitavo. I ragazzi che avevano il suo aspetto avevano ragazze che gli si buttavano addosso in continuazione e lui sarebbe stato stupido a non approfittarne. Tuttavia, mi concedetti il lusso di sognare.

"Se ha finito di guardarmi, le suggerisco di ascoltarmi molto attentamente", disse una voce profonda dalla mia sinistra.

Alzai gli occhi con sorpresa e vidi il signor Benson che mi fissava con un'espressione seria. Il calore mi inondò le guance quando capii che le mie occhiate nascoste non erano poi state così nascoste.

Feci del mio meglio per non apparire troppo agitata. Non mi sarei lasciata intimidire da lui.

"Sì, signore?" Chiesi, con la voce che mi tremava leggermente. Dannazione!

"Deve essere sul posto di lavoro alle 7:30 in punto, dal lunedì al venerdì. Se arriverà in ritardo, può stare certa che le conseguenze saranno terribili. I ritardi non mi piacciono, quindi le consiglio di fare molta attenzione", disse con un tono serio da uomo d'affari. "Tenga anche presente che esigo e che mi aspetto l'eccellenza da tutti i miei dipendenti: se non riesce a soddisfare le mie aspettative, le assicuro che il suo tempo in questa azienda sarà finito".

Deglutii spaventata e con gli occhi spalancati per lo shock. 7:30 del mattino? Eccellenza? Santi numi, che razza d'uomo mi ero ritrovata come capo?

Continuai a guardare avanti, sapendo che il mio lavoro era a rischio e che non potevo permettermi di farlo arrabbiare. All'improvviso però mi ritrovai il suo viso di fronte: il suo sguardo fisso nel mio. Da vicino, potevo distinguere le macchie azzurre che punteggiavano i suoi occhi grigi. Nell'ufficio del signor Caldwell mi erano sembrati freddi, adesso però ero catturata dal loro incantesimo, e non desideravo altro che fissarli per tutta la notte.

Il suono dell'ascensore fece uscire il signor Benson dalla trance in cui si trovava. Si voltò come per prepararsi a uscire ma quando la porta si aprì, si girò nuovamente verso di me invadendo il mio spazio personale e chinandosi fin quasi a sfiorarmi l'orecchio con le labbra. "Alle 7:30, Hailey. Non faccia tardi". Poi si voltò e uscì dall'ascensore come se non fosse successo nulla, lasciandomi sola e con le viscere scombussolate.

Santo cielo!

***

Dopo quello che era successo in ascensore con il signor Benson, sapevo di non poter più lavorare in quel luogo. La mia reazione mi aveva spaventato: c'era qualcosa, nei suoi occhi, una sorta di dominanza mista a passione, a cui sapevo che non avrei potuto resistere a lungo. Era meglio lasciare l'azienda alle mie condizioni, invece di aspettare che il desiderio intenso che provavo esplodesse.

La mia lettera di dimissioni uscì dalla stampante e tirai un sospiro di sollievo. Presi il foglio e lo piegai con attenzione per poi farlo scivolare in una busta. Avrei consegnato la lettera l'indomani, prima che il signor Benson arrivasse in ufficio. Soddisfatta del mio lavoro, spensi il portatile e uscii dalla mia camera.

Andai in cucina e tirai fuori dal freezer una vaschetta di gelato alla nutella, il mio preferito. Poi presi un cucchiaio e mi sedetti sul divano a guardare American Horror Story, ~nella speranza che avrei dimenticato il signor Benson e i formicolii che provavo in sua presenza.

Ero immersa nel mio secondo episodio quando il rumore di una serratura che girava spezzò le mie fantasticherie. Guardai verso la porta mentre Mandi, la mia migliore amica e coinquilina, entrava.

Io e Mandi eravamo inseparabili dai tempi del liceo, anche se non potevamo essere più diverse: mentre io trovavo piacere nell'organizzazione che era necessaria a mandare avanti un'azienda, lei voleva conquistare il mondo della moda. In quel momento i suoi capelli castani le ricadevano in splendide onde ai lati del viso, i suoi occhi color miele erano sottilmente truccati per accentuare la loro forma rotonda e le sue labbra piene e carnose erano dipinte di un rosso intenso.

Mi sorrise mentre si toglieva i tacchi altissimi. Sospirai di gelosia, anche se mi facevano male i piedi solo a guardare le sue scarpe. Volevo molto bene a Mandi, ma non ero mai stata in grado di seguire le sue scelte di abbigliamento. Lei comprava regolarmente pezzi costosi e unici che sarebbero stati assurdi per chiunque, tranne che per le celebrità o le modelle, e sembrava appena uscita da una rivista, mentre io ero lì, a sguazzare nei pantaloni della tuta e nella maglietta macchiata.

"Ehi, Lee, come va? Ho visto il tuo messaggio sul nuovo capo. Come va?" Mi chiese dirigendosi in cucina per prendere a sua volta un cucchiaio.

Mentre mangiavamo il mio gelato, le raccontai del mio incontro con il signor Caldwell e il signor Benson. Le raccontai poi della mia interazione con il signor Benson in ascensore e di quanto mi sembrasse bello, con un'aura pericolosa ma sexy.

"Oh mio Dio", disse Mandi mettendosi una mano sulla bocca.

"Che c'è?" Chiesi. Mandi mi ignorò e cominciò a smanettare sul suo cellulare.

"Mandi, che diavolo, dimmi cosa sta succedendo", insistetti.

Lei girò lo schermo del cellulare verso di me e mi mostrò una foto del signor Benson.

"È questo il tuo nuovo capo?" Mi chiese.

Annuii, confusa sul perché mi stesse facendo quella domanda.

"Oh mio Dio, Lee! Hai idea di chi sia?" Chiese, sbalordita.

"Ehm... Il signor Benson?" Dissi.

"Questo è Theodore Benson, Lee. Il più noto uomo d'affari nel settore della vendita al dettaglio. Non posso credere che tu non abbia mai sentito parlare di lui. Persino io so chi è! E dire che sono sempre l'ultima a sapere le cose nel mio ufficio".

"Ok", dissi. "Allora, sai chi è?"

Mandi sospirò. "È soprannominato il Cecchino. Quando vuole distruggere un'azienda, lo fa in modo così intelligente che nessuno se ne accorge finché l'azienda stessa non rimane senza niente. Prende il controllo senza che nessuno sappia, o sospetti, che lo sta facendo. E ora mi stai dicendo che è il tuo nuovo capo?" Disse tutto questo senza battere ciglio.

Sentii un colpo al cuore. Adesso tutto aveva un senso: ecco perché non avevo saputo dell'acquisizione, anche se ero l'assistente personale del signor Caldwell! Theodore Benson, detto anche il cecchino. Lo aveva distrutto senza fare rumore. O mio Dio!

Dovevo essere impallidita, perché Mandi iniziò a scuotermi riportandomi con i piedi per terra.

"Ehi, Lee, va tutto bene. Cerca di stargli lontana. O, se non ci riesci, cerca di non metterti contro di lui e non ci saranno problemi", mi rassicurò, massaggiandomi la spalla.

Scossi la testa. "No, penso che mi dimetterò. Ho già stampato la lettera. La consegnerò domani. È pericoloso, Mandi, e io non voglio averci nulla a che fare", dichiarai, con sicurezza.

"Oh, beh, se hai già deciso allora non ti fermerò. Probabilmente è meglio così: da quello che ho sentito, Theodore Benson non porta mai a niente di buono", concordò alzandosi.

"Ho avuto una lunga giornata e quindi vado a dormire. Ci vediamo domattina, Lee", disse dirigendosi verso la sua stanza.

Guardai lo schermo del televisore prima di spegnerlo. Temevo quello che sarebbe successo l'indomani, ma avevo un piano. Decisi che sarei andata in ufficio presto, alle 6 del mattino, e avrei messo la lettera di dimissioni sulla scrivania del signor Benson prima che arrivasse, in modo da poter entrare e uscire senza doverlo affrontare.

Sì, era il piano perfetto.

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