Amore al primo... Semaforo - Copertina

Amore al primo... Semaforo

Wen

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Chapter
15
Age Rating
18+

Summary

Cami ha sempre l'impressione che l'universo voglia colpirla. Ogni volta che arriva a un semaforo, questo diventa rosso, sempre. Dopo essere stata lasciata dal suo ragazzo, è convinta che la sua giornata non possa andare peggio. Questo fino a quando... ovviamente, becca un altro semaforo rosso. Questa volta però è diverso, perché anche l'affascinante CEO Nick è bloccato al semaforo. Chi l'ha detto che da un semaforo rosso non possa nascere nulla di buono? Età: 18+

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Scaricata

Cami

Ero stata appena scaricata tramite un dannato messaggio.

E gliel'avevo visto fare con una donna al suo fianco, cinta alla vita da una delle sue braccia, proprio come faceva con me.

Non potevo nemmeno negare quanto lei fosse incredibilmente attraente, al livello di Victoria's Secret, cosa che io ero ben lontana dall'essere.

Lui era dall'altra parte della strada, che aspettava che il semaforo diventasse verde, mentre io ero dalla mia parte. Era così concentrato su di lei che non si è nemmeno accorto di me.

Strinsi più forte il telefono e cercai di non far scendere le lacrime, mentre le poche gocce di pioggia si trasformavano in un acquazzone.

Quando il semaforo divenne verde, mi mossi insieme alle altre persone. Abbassai lo sguardo e lasciai cadere i capelli sul volto, coprendomi il viso.

Sentii le lacrime iniziare a scendere, insieme alla pioggia battente che mi inzuppava. Della gente intorno a me, alcuni aprivano l'ombrello e altri iniziavano a correre, ma io non mi scomposi.

Mi sentivo insensibile a tutto.

Quando raggiunsi l'altro lato della strada, mi voltai a guardare Chad e la sua nuova donna che correvano e ridevano, fino a trovare riparo alla fermata dell'autobus.

Il mio cuore si spezzò alla vista di lui così felice, sapendo che non era merito mio.

Non riuscii a trattenere il singhiozzo che ne uscì fuori. Stavo piangendo a dirotto in mezzo a una strada trafficata e non mi importava nulla di quello che la gente avrebbe pensato di me in quel momento.

Mi costrinsi a distogliere lo sguardo e iniziai a correre verso il mio appartamento.

Quando fui a casa, sollevai la statuetta della gallina all'ingresso e presi la chiave che nascondeva per entrare.

Aprii la porta e la sbattei, appoggiandomi a essa e lasciandomi scivolare giù fino a sedermi. Sollevai tremante le ginocchia e vi appoggiai la testa.

"CHI C'È? HO UNA MAZZA DA BASEBALL E NON HO PAURA DI USARLA!"

Spaventata dalle grida, alzai lo sguardo e vidi il mio migliore amico, in tutta la sua gloria muscolare e con indosso solo un paio di boxer, che teneva in mano una mazza da baseball, pronto a colpire.

Ho dimenticato di dire che vivevo con il mio migliore amico?

"Camila? Quando sei..." Gli occhi di Hugh si allargarono al vedermi.

Io lo interruppi correndo da lui, gli gettai le braccia al collo e tornai a singhiozzare.

"Che diavolo, Cami? Che cazzo è successo?"

Affondai ancora di più nel suo petto quando lui mi abbracciò e prese ad accarezzarmi la testa. Mi guidò verso l'isola della cucina e, senza dire una parola, mi prese una coperta e mise su il bollitore.

Qualche minuto dopo avevo davanti una tazza di cioccolata calda con i marshmallow.

"Cos'è successo, Cami? Avevi il volo di ritorno la prossima settimana", chiese Hugh, mentre appoggiava la mazza da baseball sul bancone e vi posava i gomiti.

Io presi la tazza con mani tremanti e ne bevvi un sorso. Il mio corpo si riscaldò all'istante.

"C-Chad", iniziai, con voce tremante.

"Chad?" Il tono di Hugh si era fatto minacciosamente basso.

"Volevo fargli una sorpresa per il nostro anniversario", continuai, a voce fievole.

"E allora?" Domandò lui, esortandomi a continuare.

"Stavo andando nel suo ufficio quando l'ho visto dall'altro lato della strada. Volevo mandargli un messaggio, ma poi ho ricevuto io il suo", conclusi, giocherellando con il bordo della mia tazza.

"Mi ha scaricata, Hugh. Mi ha scaricata con un messaggio del cazzo!"

"Ha fatto cosa? Oh, quel bastardo se la vedrà con me", sputò Hugh, riprendendo la mazza da baseball.

Spalancai gli occhi, allarmata, perché sapevo che Hugh non stava scherzando. Presi immediatamente la mazza dalle sue mani e gliela portai via. Lui cercò di afferrarla dall'altro lato, ma io lo fermai.

"Non ho ancora finito, Hugh..." Sospirai, con nuove lacrime che minacciavano di scendere sul mio viso.

"C'era una donna con lui e lei... era innegabilmente bella, proprio una modella, Hugh. Sappiamo entrambi che io sono ben lontana dall'esserlo", conclusi, singhiozzando.

Hugh aggirò il bancone e mi abbracciò di lato, appoggiando il mento sulla mia testa.

"Ma se sei splendida, cazzo, Cami. Tu non lo vedi, ma io sì. Se non fossi gay, ti scoperei di brutto", mi disse.

Mi misi a ridere. Era scontato che Hugh dicesse cose del genere in momenti come questi. Era per questo che era il mio migliore amico e io gli volevo bene.

"Devo cambiarmi, sto congelando", dissi, ricordandomi di essere bagnata fradicia in pieno settembre.

"Sì, dovresti. E, già che ci sei, fatti un bagno. Puzzi", commentò Hugh, arricciando il naso in modo scherzoso.

Gli diedi uno schiaffetto sul petto e mi diressi verso il bagno. Girai la manopola del riscaldamento al massimo e lasciai che la vasca si riempisse d'acqua.

Aggiunsi alcune bombe da bagno e stetti a guardare le palline che iniziavano a sciogliersi.

Proprio come la mia vita sentimentale al momento, pensai, con amarezza.

Quando finii di fare il bagno, indossai i miei vestiti più comodi: il mio maglione bianco preferito, un paio di pantaloncini grigi e i miei calzini a righe preferiti.

Sedetti davanti alla mia toletta e iniziai a pettinarmi con movimenti pigri. Fissavo il mio riflesso, chiedendomi cosa non andasse in me. Mi sdraiai sul letto, con lo sguardo sul soffitto e un milione di pensieri che mi frullavano in testa.

Non era così che avevo programmato di passare la mia giornata.

Ero tornata a casa prima del previsto, sperando di fare una sorpresa a Chad. Avevo appena terminato l'ultimo anno di scuola di pasticceria e soltanto il giorno prima mi ero diplomata.

La scuola si trovava nella mia città, ma tutti gli studenti diplomati avevano l'obbligo di completare l'ultimo anno in un hotel di lusso in un altro stato.

L'hotel era di proprietà di uno dei direttori della scuola, che offriva agli studenti camere nel nuovo hotel, così la cerimonia del diploma si era svolta lì.

Erano venuti i miei genitori, ma Chad no, perché era impegnato con il lavoro. Mi aveva resa triste, dato che avevo studiato per un anno intero, ma avevo capito. Sapevo quanto fosse importante e impegnativo il suo lavoro nella grande azienda.

Avevo capito.

Il che mi fa pensare a quanto fossi stata ingenua a non notare i segnali. Ce n'erano stati altri? Probabilmente sì. Ma sapevo che il mio amore per lui era più forte dei miei dubbi.

Stupida! Stupida! Stupida!

Non ce la faccio più. Se rimango ancora un po' in questa maledetta stanza potrei esplodere, a continuare a chiedermi dove ho sbagliato.

Mi alzai dal letto, cercai il portafoglio e le chiavi e uscii dalla stanza.

Scesi in silenzio sulle scale e mi diressi all'entrata. Mi infilai delle infradito, aprii la porta e la chiusi con attenzione, per evitare di svegliare Hugh.

Scesi i piccoli gradini e feci il giro del garage.

Tolsi la copertura al mio Maggiolino blu d'epoca, ci salii e lo misi in moto.

Non sapevo nemmeno se fossi autorizzata a guidare. Non è che stia guidando in stato di ebbrezza vero e proprio...

Sono solo sotto la pesante influenza dei miei pensieri e delle mie emozioni.

Insomma, ma chi diavolo fa una cosa del genere? Tradire e poi lasciarsi per un messaggio?

Oh giusto, gli imbecilli.

E ho avuto la sfortuna di frequentarne uno per cinque anni.

Avrebbe potuto almeno avere la decenza di chiamare! Ma è chiedere troppo, no?

Abbassai i finestrini per far entrare l'aria fredda e guidai nella notte silenziosa, ricordando come tutto fosse iniziato.

Chad è stato il mio primo ragazzo, il mio primo bacio, il mio primo tutto.

Lui era il tipico atleta e io, non voglio mentire, non ero proprio un'ape regina, ero solo una ragazza normale a cui era capitato di "essere fortunata" e di accalappiare il ragazzo trofeo della Richfield High.

Avremmo frequentato università diverse. Lui si sarebbe dedicato all'economia, mentre io mi sarei iscritta alla scuola di cucina.

Anche così, però, ci eravamo promessi di rimanere forti. Abbiamo sopportato tutto il dramma del "rimanere forti", del "ce la faremo", del "sarai sempre l'unico" e così via.

E sinceramente, a ripensarci in quel momento, potevo tranquillamente affermare che non era altro che un mucchio di stronzate.

Prima di poterlo impedire, i rubinetti si riaprirono. Mi asciugai con rabbia le lacrime, ma quelle continuarono ad arrivare, offuscandomi la vista sulla strada.

"MERDA!" All'improvviso, quello stupido semaforo divenne rosso e io mi gettai in avanti, dopo aver schiacciato il freno appena in tempo.

Recitai una breve preghiera di ringraziamento per essermi ricordata di indossare la cintura di sicurezza. Quindi fissai quel maledetto aggeggio rosso.

Ne ho abbastanza di semafori che mi provocano infarti oggi, grazie mille.

Appoggiai la fronte sul volante e presi a sbatterla ripetutamente, contando i secondi che mi separavano dal verde.

"Sessanta... bum... cinquantanove... bum... cinquantotto... bum..."

"Il conto alla rovescia è bello lungo. Sicura che il volante non si faccia male, così?"

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