Colui che guarì il mio cuore - Copertina

Colui che guarì il mio cuore

Tinkerbelle Leonhardt

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Chapter
15
Age Rating
18+

Summary

La vita non è mai stata facile per Harper Maddox. Giovane mamma single che in qualche modo cerca di cavarsela da sola, è decisa a non permettere a nessuno di fare del male né a lei né a suo figlio Leivon, mai più. Trasferirsi in una piccola città per vivere con lo zio le offre la possibilità di ricominciare e l'intensa attrazione per l'affascinante vice sceriffo potrebbe essere l'occasione per ritrovare l'amore. Ma, in compagnia dei lupi, il cammino di Harper verso la guarigione è pieno di emozioni e pericoli, più di quanto avrebbe mai potuto immaginare...

Età: 18+

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30 Chapters

Chapter 1

Il trasloco

Chapter 2

Amicizia

Chapter 3

Salvati

Chapter 4

Il rodeo
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Il trasloco

HARPER

Essere una madre single non era mai stato il mio futuro. Dovevo andare all'università, viaggiare per il mondo e poi trovare qualcuno con cui sistemarmi.

Sposarmi, avere una famiglia… Sicuramente non passare sette anni a crescere un figlio da sola. Tuttavia, era ciò che avevo dovuto fare.

Certo, avrei potuto abortire appena scoperto, ma mentre guardavo il mio bellissimo bambino, Leivon, il suo corpicino addormentato raggomitolato in un fagotto, non mi pentivo neanche un po' della decisione di tenerlo.

Ciononostante, avrei voluto scegliere un uomo migliore a cui dare il mio cuore e la mia verginità.

Levi non meritava tutto ciò, e di sicuro non meritava che la sua vita venisse sradicata solo perché io potessi trovare lavoro.

Se solo le cose fossero andate diversamente.

La panetteria in cui lavoravo aveva sofferto a causa dell'apertura di due supermercati più grandi, dove i clienti potevano rifornirsi in un unico negozio.

Quel cambiamento aveva messo in crisi molte piccole imprese, che purtroppo non erano riuscite a garantire il lavoro per me e per altre centinaia persone.

Ciò significava anche che mio figlio stesse soffrendo, un qualcosa che avevo cercato di evitare per tutta la vita.

Dopo aver lasciato la porta leggermente socchiusa, mi incamminai verso il corridoio e mi buttai sul divano con un sospiro pesante.

"Sta dormendo?" Mio zio Clade si sedette accanto a me, sulla sua poltrona reclinabile grigia preferita.

"Come un ghiro".

"Sei entusiasta all'idea di iniziare a lavorare al negozio di Johnson?"

Stavo fissando lo schermo del televisore, ma tutto nella stanza era confuso e non a fuoco. "Più o meno", risposi apatica.

"Quando inizi, ufficialmente?"

"Domattina, dopo che l'avrò accompagnato a scuola... a proposito, grazie per avermelo suggerito, ci stavamo cominciando a disperare".

"Dai, Harper, non avrai mica pensato che rifiutassi l'opportunità di passare un po' di tempo con la mia nipote preferita, vero?" Mio zio girò la testa verso di me con un sorriso smagliante.

"Zio, sono la tua unica nipote". La mia testa rimase in direzione della televisione, ma non la stavo ancora guardando.

"Sì, e come sono fortunato". Le sue parole mi fecero sorridere, era stato una figura solidale e confortante per tutto il corso della mia vita.

Ero felice di essere lì con lui, era sempre stato il mio mondo. "Dio solo sa che non avrei più capelli, se dovessi occuparmi di altri di voi".

Alla fine rispondo al suo sguardo malizioso con un'occhiata incredula. "Spero che tu non stia insinuando che la tua perdita di capelli sia colpa mia!"

"Ah, ragazza, ti sto solo prendendo in giro, sai che è genetica, tuo padre avrebbe fatto la stessa fine, se fosse stato ancora vivo".

L'espressione sul mio viso vacillò. Grazie al cielo c'era lo zio Clade. Papà era morto per un attacco di cuore nei primi anni della mia adolescenza e io piangevo ancora la sua perdita, nonostante fosse passato molto tempo.

"A ogni modo, vado a letto, ci vediamo domattina".

"Notte, ragazza".

Mi incamminai lungo il corridoio della vecchia casa di mattoni fino alla mia stanza, adiacente a quella di mio figlio, e mi infilai dentro, chiudendo silenziosamente la porta dietro di me.

La mia camera era piuttosto grande, con una sontuosa finestra a golfo, un letto matrimoniale con un copriletto bianco e verde brillante e dei comodini su ogni lato.

Due cassettiere di legno affiancavano la porta della stanza, accanto al mio bagno privato.

Presi il pigiama ed entrai in bagno.

Mi tolsi i vestiti, aprii i rubinetti della doccia e, sentendo i vecchi tubi gemere mentre l'acqua filtrava attraverso di essi, mi scrutai allo specchio.

Non ero più la ragazzina magra che ero stata un tempo; in quel periodo la mia figura era più arrotondata, ma non abbastanza da essere considerata in sovrappeso.

Avevo la fortuna di avere dei fianchi larghi e un seno pieno, mentre la mia carnagione naturalmente più scura era un attributo tramandato da parte di mia madre.

Lei era di origine hawaiana e di carnagione scura; quando i suoi geni si mescolarono con quelli di mio padre e il suo background europeo, ne uscì fuori il mio colorito unico.

Mio figlio aveva ereditato la stessa tonalità di pelle da me. Grazie al cielo, suo padre era talmente pallido da diventare grigio, quando faceva freddo.

I miei capezzoli abbronzati e scuri erano ancora ben alti sul petto, nonostante le loro dimensioni maggiori. I miei capelli erano naturalmente biondo scuro, come quelli di mio padre, ma con dei riccioli.

I miei occhi castano chiaro sembravano consumati e stanchi. Diamine, sembravo sciupata in tutto e per tutto, nonostante avessi solo ventiquattro anni.

A diciassette ero rimasta incinta del più grande cazzone che ci fosse a scuola e, quando glielo dissi, lui si rifiutò di credere che fosse suo, affermando che fossi una puttana, quando invece ero andata a letto solo con lui.

Mia madre, Juniper, si era risposata quando avevo diciotto anni e io facevo lavori saltuari, mantenendo me e Levi in ogni modo possibile.

Il giorno della nostra partenza, mia madre aveva pianto. Dopotutto, avere un bambino di un anno, all'epoca, non era facile per nessuno, ma lei aveva bisogno di andare avanti con la propria vita.

Io mi sentivo più che altro un peso, e da allora io e mio figlio abbiamo affrontato il mondo da soli.

Circa un mese prima avevo perso il lavoro e la situazione stava diventando disperata. Da mulo testardo e indipendente quale ero, mi ero rifiutata di affidarmi all'assistenza sociale.

Così, lo zio Clade ci aveva offerto la sua casa e mi aveva trovato un lavoro. Ci eravamo trasferiti dall'altra parte del Paese e stavamo ricominciando la nostra vita.

Mi infilai nelle lenzuola soffici, assaporando la sensazione del materiale sulla pelle. Ero grata di avere una famiglia così affettuosa; di quei tempi una ragazza ne aveva bisogno.

L'indomani avrei iniziato il mio nuovo lavoro, nella nostra nuova città, a chilometri di distanza dalla nostra vecchia vita e, fortunatamente, lontano dal padre di Levi, che avevo dovuto guardare mentre si faceva strada tra donne e donne.

Finalmente avrei potuto essere felice e forse un giorno avrei trovato qualcuno che mi amasse per quella che ero.

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